Tratto dalla rivista “Sedge & May Fly”
Lancio e mosca secca, due elementi con la stessa matrice.
Di Massimo Magliocco
Chi mi conosce sa che pesco solo a secca. Questa che è stata una scelta che feci una ventina di anni fa quando iniziai la mia avventura di istruttore, mi ha fatto innamorare del lancio e delle attrezzature attraverso le quali esso si sviluppa. E’ impensabile pescare bene a secca senza lanciare altrettanto bene. Insomma, lancio e secca si nutrono l’uno dell’altro e si evolvono altrettanto reciprocamente.
Dry fishing non significa pescare solo sulla bollata, o meglio, non significa solo concentrarsi verso il poco tempo in cui le trote si “mostrano” al pescatore perché sarebbe veramente riduttivo e privo di qualsiasi interesse alieutico. Pescare a secca, al di fuori di ambienti tipo la risorgiva oppure alcune tipologie di fiumi del fondovalle, significa affrontare le acque veloci sia del torrente che di quei tipi di fiumi in cui l’acqua è rapida. In definitiva, in tutti quei posti in cui è necessario confrontarsi con una massa liquida che “cammina” spedita.
Asserisco questo perché pensare di pescare a secca nelle sole zone di acqua calma, lame, rigiri, ecc. ci potrebbe portare a non completarci con la tecnica secca e scrollarsi di dosso ogni “responsabilità”, passatemi il termine, scendendo sotto per pescare a ninfa, cancellando con un sol colpo di spugna, tutte le domande che ci saremmo fatti sul perché quel pescatore che sta usando la secca avanti a noi, prende le trote e noi no.
Insomma, quello che voglio dire è che mettere una mosca che galleggia in un ambiente in cui le acque potrebbero non essere troppo difficili, ci può non far capire che è in quelle altre, quelle che spingono, c’è la vera essenza del dry fishing ed è là che si impara a pescare a secca e a lanciare.
In genere questo approccio si definisce “pesca in caccia” ma al solo pensiero di come molti pescatori la intendono mi vengono i brividi perché questa è una tecnica spesso svilita dall’dea che per poterla praticare bene basta lanciare un artificiale purché sia ben visibile e ben galleggiante …. allucinante !!!!
Ma oltre a saper lanciare, ci sono delle regole che non possono non essere considerate e che vanno prese sempre come riferimento per posare la mosca. Spesso si vedono pescatori che lanciano tanto per lanciare senza capire cosa stanno facendo mentre è assolutamente indispensabile riflettere e mettere insieme quella che personalmente definisco “una tattica completa”. Andiamo a vedere di cosa si tratta.
La tattica completa.
Ricapitolando quindi, pescare a secca è molto più difficile di quanto si pensi. Non basta saper lanciare che, comunque come già detto, sta alla base di questa strategia di pesca, ma al lancio e’ necessario sommare le altre indispensabili regole che aggiunte ad esso, fanno appunto la tattica completa.
Le regole le possiamo così suddividere:
- Gestione di una buca in relazione al percorso del cibo e alle correnti
- L’avvicinamento
- La precisione
- Capire le spinte dell’acqua in funzione del dragaggio.
- Il lancio
Iniziando a parlare delle correnti e delle velocità dell’acqua in una buca di un torrente o di un fiume più grande, va detto che questa non può essere attaccata a casaccio, e non basta nemmeno lanciare a raggiera e a ventaglio, cioè da più vicino a noi sondando le varie zone della buca. Ma, un occhio esperto metterà la sua mosca da caccia in una vena d’acqua ben precisa che si identifica con il percorso del cibo. Ma cos’è questo percorso del cibo ? Su questo discorso se ne potrebbe parlare per molte pagine ma essendo questo un articolo mi limiterò allo stretto indispensabile.
Ogni buca ha le sue matrici, ovvero ha le sue vene d’acqua subacquee e superficiali che trasportano ogni genere di cose quindi anche insetti di schiusa o caduti in acqua accidentalmente ed è un elemento che i salmonidi conoscono molto bene e di conseguenza ne sono dipendenti.
Sotto l’aspetto pratico questo ci fa capire che anche la pesca ne è subordinata, cioè se è vero che la trota in funzione di queste diverse vene d’acqua che si creano a tutte le quote della buca avrà un suo atteggiamento, è anche vero che a sua volta il pescatore non potrà attaccare una buca senza tener conto di questi fondamentali particolari per la buona riuscita dell’azione di pesca. In pratica si deve capire quale è il percorso che il cibo in superficie prende poiché la trota sa che al 99% il suo boccone passerà di la prima o poi. Questo percorso può essere evidenziato da una foglia o un rametto che, trasportati dalla corrente, galleggiando compiono lo stesso percorso di un insetto ed è quindi là che la nostra mosca dovrà compiere il suo percorso. Fin qui la direzione del cibo ma, come diceva un mio amico, bisogna però metterci la mosca ed ecco che, guarda caso, salta fuori il lancio. Speravate che non ce ne fosse bisogno ma purtroppo lì la mosca bisognerà mettercela, ed anche molto bene, e cosa sarà che non la farà dragare ? Dico questo perché si sente e legge spesso che l’unico maestro è il fiume, ma il fiume non ci insegna a posizionare la nostra mosca nel punto giusto e nel modo migliore e, come dico sempre, se non lo si sa fare questo artificiale non serve a niente.
Il fiume ci può dire dove mettere la mosca ma poi siamo noi a dover controllare la coda ed il finale attraverso le dinamiche che riusciamo a mettere su. Ecco la prima integrazione tra lancio e mosca secca.
Un altro elemento fondamentale è l’avvicinamento al posto caccia.
L’avvicinamento, specie in torrente, è spesso sottovalutato ma riveste un ruolo importante. Avvicinarsi bene alla trota spesso ci da il risultato che vogliamo, ma una volta arrivati nel punto migliore si dovrà lanciare. Ma se ci si è arrivati con il “passo del giaguaro” cosa succede se poi si è costretti ad alzarsi in piedi per lanciare perché privi di una buona gestione della coda e del finale ? Non c’è bisogno di rispondere ma, come vedete, anche in questo caso il lancio ritorna a farsi importante, anzi, indispensabile. Siete d’accordo ? Ma andiamo avanti e prendiamo in considerazione un altro fondamentale elemento, cioè la precisione.
Personalmente, tempo fa, coniai un detto che dice “in certi ambienti un lancio è poco e due sono troppi”, questo per far capire che far volteggiare la coda 3 o 4 volte prima di posare la mosca, oppure dover necessariamente lanciare in verticale poiché non sappiamo fare altro, insomma “sbacchettare” a lungo avanti e indietro con lo scopo di essere precisi, ci danneggia alla grande. Parlare di precisione può sembrare scontato e questo è anche vero dal momento che essere precisi è una delle componenti il lancio, ma in questo caso si deve intendere la precisione come elemento fondamentale per poter ridurre i tempi operativi e funzionali della nostra mosca.
Essendo il nostro comportamento in acque veloci del tipo “mordi e fuggi”, è chiara l’importanza della precisione. Se nelle acque lente abbiamo più tempo per ragionare e quindi abbiamo più possibilità di essere precisi, in acque mosse questo tempo è sensibilmente minore, compresso, e per giunta tenere la coda in acqua per più di tanto è sinonimo di potenziale dragaggio, quindi si rende necessario agire con più velocità e quindi non ci si può permettere di non essere precisi.
Pensate se in situazioni particolari in cui tra noi e il punto in cui intendiamo posare il nostro artificiale esistono correnti veloci o qualche ostacolo. Pensate anche se arriva per prima la coda poi il finale e poi la mosca …. !!!!
Come si vede anche qui il lancio va a braccetto con la secca.
Ma andiamo avanti e parliamo delle spinte dell’acqua in funzione del dragaggio.
Dragaggio, parola che infonde apprensione nell’animo del secchista. Da quando qualcuno per primo pensò di pescare a secca si è da subito trovato davanti questa sorta di nemico pronto a colpire non appena ci si distrae.
Il dragaggio è generato dalle due velocità, ossia dalla velocità dell’acqua in cui la mosca si trova e la velocità dell’acqua dove sono posate coda e finale che è quasi sempre diversa. Per evitarlo, o le due componenti hanno alla stessa velocità, ma sappiamo già che è quasi impossibile, o è necessario che la coda vada ad incidere il più tardi possibile sull’andamento della mosca. Per far questo è indispensabile conoscere a priori le spinte dell’acqua.
Le correnti sono una cosa e la velocità un’altra cioè come e quanto le correnti si muovono. Queste sono il risultato di una serie di componenti quali:
- Pendenza
- Pietre sommerse e superficiali
- Ostacoli naturali e artificiali
- Grandezza dell’alveo
- Livelli
Questi elementi, da soli o insieme agli altri o a parte di essi, disegnano le correnti e a che velocità queste corrono che è poi l’elemento più importante. Quindi quando ci si appresta a lanciare è necessario fare un’attenta analisi delle correnti per poi decidere di depositare la coda in un certo modo, ossia quello migliore che ci permetta di prestare il meno possibile il fianco alle spinte.
Ricordiamoci che la pendenza genera le cosiddette linee di massima pendenza, le pietre possono essere positive o negative a seconda che siano a secco (fuori dall’acqua) oppure semisommerse, gli ostacoli restringono l’alveo e aumentano la velocità oppure generano i cosiddetti mulinelli sommersi che fanno in superficie molti danni, se la grandezza dell’alveo in un determinato punto si restringe, l’acqua corre molto di più mentre i livelli rallentano o aumentano la corsa dell’acqua a seconda che questi siano bassi o alti. In ogni caso, le operazioni partono dalle nostre mani, quella che sorregge la canna e quella che gestisce la coda.
Ma adesso parliamo di lancio e dei componenti che assemblano l’attrezzatura in particolar modo il finale che è l’elemento più importante.
Ancora oggi dopo che è stato ampiamente dimostrato il contrario, si continua imperterriti a dare la priorità alla mosca come se fosse lei la deputata a combattere il dragaggio o che possa essa stessa generare una sorta di ottima “autopresentazione”.
La mosca ha assolutamente la sua importanza, ci mancherebbe, ma è senz’altro inferiore, e di molto, al mezzo che poi ci permette di farla arrivare. Non voglio certo creare una competizione tra lancio e mosca, ma credo che sia ormai arrivato il momento di darci un taglio e chiudere le cose così come stanno dando a Cesare quel che è di Cesare …..
Poi c’è sempre il pescatore da prato e su questo non aggiungo nulla, ma ci sono anche dei veri e proprio maestri i quali oltre che a lanciare bene sanno pescare bene, e così il cerchio si chiude.
Spesso c’è un erroneo uso delle attrezzature, del tipo canna lunga e finale corto.
La canna deve essere adatta al luogo.
La canna deve essere comunque adatta al luogo dove si pesca, è assurdo pescare nel Brenta con una 7’,6’’ o nel Nera con una 10’. Lo stesso discorso non vale per il finale. Un finale deve essere almeno di 4,5/5 m, anche in ambienti tipo Nera per intenderci, altrimenti tutto va a farsi benedire.
Pensate solo a quelli che vanno a pescare a secca ancora oggi con un finale di 2,70 m o se si sentono in vena arrivano a 3,50 m. Avere un finale più corto di almeno la metà significa non poter combattere il dragaggio ed uscire sempre sconfitti. Però se tenti di avere un dialogo con questi pescatori, ti rispondono che non serve il finale lungo e che se le trote smettono di bollare scendono sotto e le pescano a ninfa. Ma come puoi capirci qualcosa se ai primi ostacoli o se hai un’attrezzatura sbagliata ti rifugi in calcio d’angolo ? Quanti sanno che spesso non è la mosca che draga ma l’ultima porzione del finale che invece di lasciare una piccola ma vistosa scia come per la mosca ne lascia una quasi impercettibile all’occhio umano ma non a quello della trota, che è però di qualche decina di centimetri ?
Per carità, rispetto chiunque si diverte nel modo a lui più congeniale ma, e non credo di dire un’eresia, pescare bene a secca non è solamente avere la mosca migliore, che in acque mosse ricordo deve essere la più piccola che possa reggere bene l’acqua e non quei “passerottini” che spesso si vedono attaccati al finale con la scusa che le mosche da caccia devono essere voluminose e colorate. E sapete perché ? Perché quando una mosca è voluminosa è più difficile che affondi ma chi invece sa lanciare questo problema non se lo pone.
Tornando al finale, è talmente importante la sua architettura e le sue misure, che oggi molti hanno capito il grosso vantaggio che ha il “finale asolato”. E’ talmente utile che quando l’ho pensato e poi testato in quelle acque in cui si da sempre meno importanza, cioè quelle ne calme e ne vorticose ma che danno i maggiori problemi, cronometro alla mano riesce a far aumentare la passata di 2/3 secondi che, credetemi, in acque mosse sono veramente tanti.
Anche il modo di affrontare una buca è sempre legata al lancio. Lanciare nel posto caccia non con una coda tesa ma come si dice in gergo con una posa tagliata, cioè far arrivare la mosca e il finale da un lato della trota. Ve lo immaginate se lanciassimo in un punto caccia con coda finale e mosca che vanno ad invadere il suo campo visivo? Ecco perché è indispensabile attaccare dando la priorità ai posti caccia più vicini e man mano allungare quel tanto per arrivare agli altri più lontani. Altra cosa è non attaccare mai in verticale, controcorrente cioè con la coda parallela alla sponda. Questo, oltre che a farci dragare molto prima la mosca, crea scompiglio nella zona di caccia sempre per un fatto visivo della coda e del finale. Ma se siete d’accordo nel lanciare da 45° a 90° sulla sponda opposta, va considerato che le sponde spesso sono infrascate e molte volte se siamo fortunati riusciamo a far passare la coda in eventuali spazi tra la vegetazione mentre se questi spazi mancano, si dovranno usare delle dinamiche volte a sfruttare la superficie dell’acqua in quanto il lancio indietro non si può effettuare come ad esempio, “agganciare” finale e artificiale sulla superficie e sfruttare quelle tenui tensioni che si possono creare. E chi ci pensa a risolverci i problemi ? Il lancio e chi se no ?
Quindi l’attacco alla buca, chiaramente seguendo tutte le regole dette, sarà mirato, preciso, non a caso ma concreto. Alla trota la mosca ben presentata con un assetto in acqua giusto, posata di lato ad essa, senza dragare, deve apparire all’improvviso. Nulla deve essere lasciato al caso, ma l’operazione, che definirei basata sulla freddezza, deve essere eseguita con grande sicurezza senza perdite inutili di tempo, senza indugiare o eseguire troppi falsi lanci, ma individuato il posto caccia, mentre si sta preparando il lancio, capire le correnti e lanciare senza indugio. Quella che io definisco toccata e fuga, ci deve far sentire padroni della situazione, consci che il primo lancio è quello che conta, che se lo sbagliamo al novantanove per cento abbiamo compromesso il posto caccia.
Come tradurreste tutto questo in una frase di poche parole ? Saper lanciare ed ecco che il binomio con cui ho iniziato questo articolo e cioè che lancio e mosca secca sono una cosa sola, si compie alla perfezione.
….Quando c’è feeling ….